In aumento il numero di revisioni di protesi d’anca e di ginocchio.
Tra qualche anno, potrebbero non esserci chirurghi ortopedici sufficienti a gestire la domanda di questo tipo di interventi.
In Italia il numero di protesi d’anca e di ginocchio, impiantate, è intorno a 200.000 impianti, ogni anno; cifra che cresce del 7%, circa, ogni anno. Queste protesi, presto o tardi, sono destinate ad usurarsi e andranno sostituite. “Nel 2030 si prevede che, nel mondo, ci sarà il 600% in più di revisioni, il problema è che potrebbero mancare chirurghi ortopedici specialisti in grado di gestire la domanda”. L’allarme è americano e gira, da qualche anno, tra gli ortopedici. E’ particolarmente attuale, in Italia, a causa della nota carenza di medici, per il numero chiuso all’accesso alle specialità, dopo la laurea. Il nostro mandato principale, come chirurghi, è quello di diminuire il numero delle revisioni: la speranza è che, mettendo al meglio le componenti protesiche e utilizzando protesi più conservative, l’impianto duri di più e l’impegno di una eventuale revisione sia meno traumatico per il paziente, soprattutto utilizzando protesi più piccole, con maggiori benefici e un consistente risparmio per il servizio sanitario nazionale”.
La moderna chirurgia ortopedica offre la possibilità di avvicinarsi ad una minor invasività, con protesi più piccole e, nel ginocchio, con una ricostruzione compartimentale e non totale dell’articolazione.
Inoltre, tecnologie robotiche e computer assistite, di supporto, aiutano i chirurghi ad una maggior precisione nell’impianto delle componenti protesiche.
Detto questo, bisogna sottolineare che i chirurghi italiani sono tra i migliori protesizzatori, anche senza il computer, soprattutto i cosiddetti “esperti”, ma il compito della scienza è quello di progredire nella ricerca, per cercare di standardizzare i nostri gesti chirurgici ed uniformare i nostri risultati.
Abbiamo bisogno dei bravi artisti ma, se Giotto non aveva bisogno di alcuno strumento per fare il cerchio perfetto, il compasso mette tutti in grado di imitarlo, senza nulla togliere al maestro. Così, gli strumenti computerizzati sono utili anche per i meno esperti per un miglior posizionamento delle componenti protesiche meno invasive, con un’incisione ridotta, senza complicanze aggiuntive.
La metodica mininvasiva computer assistita permette di impiantare protesi che risparmiano i tessuti: osso, legamenti, muscoli e capsula”. Si tratta di protesi pensate per durare il più a lungo possibile, per l’anca anche tutta una vita, per evitare di arrivare nell’arco di vent’anni ad avere pazienti bisognosi di revisionare gli impianti. “Il nostro obiettivo, come associazione scientifica di chirurgia computer e robot assistita, e come chirurghi, è quello di diffondere questo tipo di tecnologie per diminuire il numero di revisioni, gli errori in sala e le complicanze post-operatorie.” Nella protesi d’anca, ad esempio, da più di 15 anni, da quando utilizziamo queste tecnologie, abbiamo eliminato la complicanza dell’allungamento, sopra un centimetro, dell’arto operato post intervento”.
Il navigatore computer assistito, ha raggiunto l’evidenza scientifica, in letteratura, per fare la differenza, rispetto allo strumentario convenzionale, in quanto standardizza e uniforma i gesti chirurgici, le prestazioni e i risultati. Cambia il modo di dialogare in sala operatoria: non più per sensazioni visive basate solo sull’esperienza ma su indicazioni oggettive. Dal chirurgo all’assistente, all’infermiere, guardando il display del computer, tutti possono interagire. Il chirurgo è sempre meno artista solitario e, sempre più un insegnante di un’esperienza tradotta in immagini e numeri. Questa è la vera evoluzione in sala operatoria”.
Qui il video in cui spiego questa tecnica rivoluzionaria, in un minuto
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