Lo spunto per parlare della Lombalgia mi arriva da una delle tante domande che i pazienti mi rivolgono durante le visite specialistiche, riguardo questa problematica:
Ho 74 anni, sono alto 1,88 cm e peso 115 Kg.
Tre mesi fa, mi è stata riscontrata una Lombalgia che mi procura grave dolore solo alla gamba sinistra, dal polpaccio con irradiazione verso l’alto esclusivamente nella stazione eretta e senza segni di limitazioni funzionali.
Ricevo consigli medici contrastanti: alcuni in favore dell’intervento chirurgico ed altri per l’ossigeno- ozono terapia con la metodica di un’unica iniezione intradiscale o con quella di una serie di iniezioni paravertebrali.
La lombalgia, non è una malattia, ma un sintomo: un’algia della regione lombare, non sempre di natura ortopedica, legata alla colonna vertebrale.
È un disturbo estremamente frequente in età adulta, con massima incidenza in soggetti di 40-50 anni di entrambi i sessi. Circa l’80% della popolazione ne è colpito almeno una volta durante la vita.
È tra le più frequenti cause di assenza dal lavoro ed ha perciò un’elevata incidenza socio-economica.
La lombalgia è distinta in due grandi gruppi: di origine vertebrale o extravertebrale.
Appartengono al primo gruppo le forme da patologie congenite o acquisite, tra le congenite meritano menzione:
- sacralizzazione dell’ultima vertebra lombare, la quinta, che in questo caso risulta fusa con la prima vertebra sacrale
- spondilolisi, ovvero la mancata fusione di parte dell’arco posteriore di una vertebra
- spondilolistesi, quando avviene lo scivolamento in avanti di un corpo vertebrale
- sinostosi, deformità congenita dovuta alla fusione di due o più vertebre;
molto più frequenti, quelle acquisite:
- processi degenerativi, tra cui discopatie, ernie discali, protrusioni, stenosi del canale etc
- malattie reumatiche
- infezioni
- neoplasie
- traumi
- turbe metaboliche e del turnover osseo
Nel gruppo delle lombalgie extravertebrali figurano quelle da cause neuromeningee, viscerali
(gastrointestinali, urologiche e ginecologiche) e vascolari (aneurisma dell’aorta addominale).
Lombalgie particolari sono quelle da cause generali, quali stati febbrili, influenza, raffreddamento (lombalgia “a frigore”). Più cause di lombalgia possono coesistere nello stesso soggetto.
Ma la causa più frequente, in assoluto, è la patologia delle faccette articolari posteriori della colonna lombare: la cosiddetta “Facet Syndrome”, degli anglosassoni.
Noi la chiamiamo, conflitto radicolare, dovuto alle parti molli, come il disco, oppure alle parti dure come l’osso o la produzione di osteofiti a livello delle faccette interarticolari posteriori, che toccano la radice nervosa e procurano dolore acuto o sordo e cronico.
Questo è causato dalla sofferenza e degenerazione del disco intervertebrale, che produce una secondaria e persistente instabilità delle colonne portanti posteriori, con sovraccarico e lesioni degenerative conseguenti.
Nel tempo sono state proposte varie metodiche terapeutiche, dalla classica ginnastica specifica fisioterapica, a quella posturale, esercizi di Pilates, con la panca (pancafit), anche inversa. Utili le terapie manipolative, la chiropratica, le infiltrazioni con cortisone nella zona posteriore faccettaria, quelle con ozono, paravertebrale e, più recentemente, tecniche di denervazione con radiofrequenza pulsata (PRF).
E’ d’aiuto, in alcuni casi resistenti, l’utilizzo di un corsetto lombare semirigido, con almeno 5 stecche. capace di mettere a riposo le articolazioni e deviare una parte del carico destinato alle articolazioni posteriori.
Ed ora, due parole sul problema della malattia discale posteriore lombare o cervicale, (spesso semplificata in “ernia del disco”), patologia che si intreccia e si confonde con la sintomatologia lombalgica classica. Il sintomo più importante e l’irradiazione del dolore a distanza dalla colonna, per compressione radicolare: la classica sciatica o, lombosciatalgia.
Può essere multifattoriale e quindi legata non solo ad una degenerazione intrinseca del disco intervertebrale, ma anche a fattori anatomici, meccanici, flogistici e vascolari. Il dolore puo’ essere condizionato non solo (e non tanto) da una patologica compressione del disco intervertebrale protuso nei confronti della radice nervosa , quanto da una stenosi del canale insorta per una degenerazione artrosica delle faccette articolari posteriori.
Il fattore meccanico non e’ mai isolato, ma e’ complicato da fattori biochimici,vascolari e flogistici. Il dolore profondo a sede lombare e’ frequentemente associato ad una contrattura dolorosa da “entesopatia inserzionale” della complessa e multimerica muscolatura delle logge paravertebrali e dai suoi legamenti.
Da qui deriva che il corredo sintomatologico della malattia discale lombare o cervicale, può, pertanto, ottenere un significativo beneficio dalla diffusibilita’ di una miscela gassosa di ossigeno-ozono, le cui note potenzialita’ biochimiche, antinfiammatorie ed immunomodulanti, possono agire sia a livello dell’ernia del disco, che sulle radici nervose interessate da una flogosi cronica. Se applicarla intradiscale o con infiltrazioni paravertebrali, è compito del medico specialista in trattamenti con ozono.
Inoltre, è bene ricordare che l’ernia del disco è una malattia autoestinguentesi, nel senso che, nel tempo (da alcuni mesi a qualche anno) tende a regredire spontaneamente.
Qui il mio video specifico sull’ernia del disco
Sfortunatamente il dolore, a volte insopportabile, impone talvolta il ricorso chirurgico. Alla soluzione chirurgica appartengono anche quei casi con un quadro clinico stabilizzato di compressione radicolare, con deficit nervosi importanti. L’intervento può essere eseguito con tecnica tradizionale (che preferiamo) o con la metodica microchirurgica (con o senza l’ausilio del microscopio operatorio).
Di recente hanno ripreso vigore i trattamenti percutanei: la nucleolisi enzimatica, la nucleoaspirazione discale e l’epiduroscopia del canale midollare. Si tratta di metodi relativamente poco cruenti che però, a fronte di una minore invasività, hanno un’efficacia inferiore e trovano indicazione in una fase acuta prechirurgica. Si eseguono a paziente sveglio e collaborante. Con un ago o una sonda (a seconda del metodo) si raggiunge lo spazio intradiscale o il forame radicolare o il canale vertebrale. Nell’eventualità che i trattamenti percutanei risultino inefficaci si può ricorrere all’intervento chirurgico, sempre che vi siano le indicazioni cliniche e neuroradiologiche.
È comunque sempre consigliato attendere almeno qualche settimana prima di giungere al tavolo operatorio, in quanto la fase algica post- trattamento può tendere alla risoluzione spontanea nel tempo.
Senza dimenticare la chirurgia tradizionale che può subire solo un posticipo di intervento.